La cicloide

Ricordate quei catarifrangenti di plastica arancione, che si attaccavano ai raggi di una ruota della bicicletta? Attacchiamo il catarifrangente al cerchione e seguiamone la traiettoria. Le curve ottenute appartengono alla famiglia delle cicloidi.

La ruota viene chiamata in questo caso circonferenza generatrice della cicloide.

Ma torniamo nel nostro secolo e spostiamoci con un mezzo più moderno. Nel percorso di una moto è caduto un sassolino che si è attaccato al copertone della ruota posteriore. Dopo aver fatto alcuni giri con la ruota, dove volerà via il sassolino, quando si stacca dal copertone? In senso opposto alla direzione del moto o nello stesso senso?

Come è noto, il movimento di un corpo libero inizia secondo la tangente alla traiettoria lungo la quale si muoveva. La tangente alla cicloide è sempre diretta nella direzione del moto e passa attraverso il punto più alto della circonferenza generatrice. Il nostro sassolino volerà dunque via nella direzione del moto.

Ricordate quando da ragazzi attraversavate le pozzanghere su di una bicicletta senza il para­fango posteriore? Quella striscia bagnata sulla vostra schiena era una conferma del risultato che abbiamo appena ottenuto.

Il secolo XVII fu il secolo della cicloide. Furono i migliori scienziati di quell'epoca a scoprirne le straordinarie proprietà.

Qual è la traiettoria di un corpo che si muove sotto l'azione della gravità, che si muove tra due punti nel minor tempo possibile? Questo fu uno dei primi quesiti di quella scienza, che ora prende il nome di calcolo variazionale.

Si possono minimizzare (o massimizzare) diverse cose, come la lunghezza del percorso, la velocità, il tempo. Nel problema della brachistocrona si minimizza proprio il tempo (come indica il suo nome: in greco brachistos significa 'il più breve', chronos significa tempo) . La prima cosa che viene in mente è una traiettoria rettilinea. Ma consideriamo anche una cicloide capovolta col punto di cuspide coincidente col più alto dei due punti. Infine, seguendo Galileo Galilei, consideriamo anche un arco di circonferenza congiungente i due punti, ampio un quarto di giro.

Costruiamo tre piste da bob aventi per profili le tre curve considerate e osserviamo quale dei bob arriva primo.

La storia del bob prende inizio in Svizzera. Nel 1924 si svolgono a Chamonix in Francia le prime olimpiadi invernali, ed in esse le gare di bob con equipaggi di due e quattro. L'unica volta in cui l'equipaggio del bob era composto da cinque persone, fu l'anno 1928. Da allora il bob fu sempre a due o a quattro. Nelle regole del bob ci sono diverse cose interes­santi. Ovviamente, esiste un limite di peso sia per il bob sia per l'equipaggio, ma esistono anche delle restrizioni sui materiali che si possono usare per i pattini (la coppia anteriore di pattini è mobile ed è connessa al timone, la coppia posteriore è fissa).

Diamo lo start ai nostri bob-a-quattro. Quale dei tre arriverà primo al traguardo? Il bob di colore verde, comandato dagli Studi Matematici, e che segue la pista a cicloide, arriva primo!

Ma perché Galileo Galilei aveva considerato il quarto di circonferenza, pensando che avrebbe diminuito il tempo della discesa? Egli inscrisse delle spezzate nell'arco di circonferenza, e osservò che il tempo diminuiva man mano che aumentava il numero degli elementi della spezzata. Per questo Galilei giunse all'arco di circonferenza, ma erroneamente trasse la conclusione che questa traiettoria era la migliore di tutte le traiettorie possibili. Come abbiamo visto, si dimostra, attraverso il calcolo variazionale, che la migliore è la cicloide.

Osservate che tra due punti dati si può tracciare un'unica cicloide, con la condizione che il punto più in alto coincida con il punto di cuspide. Persino quando la cicloide ha una parte in salita, per raggiungere il secondo punto, sarà sempre quella sulla cicloide la traiettoria tra i due punti percorsa nel minor tempo!

La cicloide possiede ancora un'altra proprietà interes­sante, che concerne il problema delle tautocrona. Sempre in greco, tautos significa stesso, e chronos, come già sappiamo, tempo.

Costruiamo tre piste identiche col profilo della cicloide, in modo che il punto più basso coincida con il vertice della cicloide (ossia il punto di massimo della cicloide, prima di venire capovolta).

Poniamo tre bob ad altezze differenti e diamo il via. Fatto sorprendente: i tutti e tre i bob arrivano in basso contemporaneamente!

D'inverno, in montagna, potete costruire una piccola pista sul ghiaccio e verificare questa proprietà.

Il problema della tautocrona consiste nel trovare una curva tale che, iniziando in un punto qualunque di essa, il tempo di discesa fino a un dato punto sia lo stesso.

Christiaan Huygens dimostrò che la cicloide è l'unica curva tautocrona.

Ovviamente, a Huygens non interes­savano le discese sul ghiaccio. A quel tempo gli scienziati non conoscevano il lusso di occuparsi di scienza per puro diletto. I problemi che cercavano di risolvere venivano dalla vita e dai problemi tecnici di quel tempo. Nel XVII secolo si compivano già lunghi viaggi per mare. E' sorprendente, che la latitudine i marinai la sapes­sero definire abbastanza precisamente, ma la longitudine non sapes­sero assolutamente come calcolarla. E uno dei metodi di misura che si offrivano a quel tempo era basato sulla disponibilità di cronometri precisi.

Il primo che pensò a realizzare un orologio a pendolo che fosse preciso, fu Galileo Galilei. Tuttavia, quando incominciò a costruirlo, lo scienziato era già vecchio, quasi cieco, e non riuscì, nell'ultimo anno della sua vita, a costruire l'orologio. Lo affidò al figlio, ma costui perse tempo e cominciò a occuparsi del pendolo solo poco prima di morire, senza così riuscire neppure lui a realizzare il progetto. Il seguente scienziato a occuparsene fu Christiaan Huygens.

Quest'ultimo si accorse che il periodo d'oscillazione di un pendolo comune, quello che Galileo aveva osservato, dipende dalla posizione iniziale, cioè, dall'ampiezza dell'angolo. Riflettendo su quale curva dovesse essere la traiettoria del moto del peso, affinché il periodo di oscillazione lungo di essa non dipendesse dall'ampiezza, risolse il problema della tautocrona. Ma come fare ad appendere un peso e fare in modo che oscillando si muova lungo una cicloide? Traducendo in pratica i suoi risultati, ottenuti in via teorica, Huygens costruisce due «fianchi», sui quali si avvolge la corda del pendolo e risolve così altri problemi matematici. Egli dimostra infatti che i profili dei «fianchi» devono essere loro stessi delle cicloidi, dimostrando allo stesso tempo che l'evoluta della cicloide è ancora una cicloide con gli stessi para­metri.

Inoltre, la costruzione del pendolo cicloidale proposta da Huygens permette di calcolare la lunghezza della cicloide. Se la corda, la cui lunghezza è quattro volte il raggio della circonferenza generatrice della cicloide, è tutta appoggiata a un fianco, allora il suo estremo si trova nel punto di incontro tra il profilo cicloidale del fianco e la traiettoria, che è il vertice della cicloide. Poiché questo profilo è la metà di un intero arco di cicloide, l'intera lunghezza della cicloide (tra due punti di cuspide) è otto volte il raggio della circonferenza generatrice.

Christiaan Huygens costruì effettivamente il pendolo cicloidale, e con esso un orologio. Ne fu provato il funzionamento in mare, ma alla fine ebbe scarso successo.

Ma perché esistono tuttora degli orologi con meccanismi basati sul comune pendolo? Se si fa attenzione, allora per piccole oscillazioni, (come per il pendolo rosso in figura), i «fianchi» del pendolo cicloidale quasi non hanno influenza. Di conseguenza, per piccole ampiezze, il moto lungo la cicloide e quello lungo la circonferenza sono quasi coincidenti.